Il concetto di progresso fu introdotto per la prima volta da Jean-Antoine-Nicolas Caritat, marchese di Condorcet. Secondo lui, lo spirito umano tende a migliorare continuamente e indefinitamente e le condizioni sociali sono destinate a migliorare sia materialmente che moralmente. Per quanto incerto, il progresso è comunque determinato dal comportamento umano e quindi non inevitabile. Secondo Condorcet, il viaggio umano non solo è in grado di superare inevitabili periodi di declino e crisi storiche, ma è senza dubbio infinito. In effetti, lo spirito umano può diventare più perfetto perché nessuno può fissarne i limiti. Il progresso spirituale porterà alla massima felicità possibile. Questo tono ottimista è stato ovviamente determinato dalla riflessione sui risultati positivi delle rivoluzioni americana e francese. Condorcet non dimentica certo di sottolineare, tuttavia, che molte nazioni e molti popoli vivono ancora nell'oscurità del pregiudizio, dell'ignoranza e della schiavitù, e che il cammino umano non è né lineare né privo di rischi. A tal fine, ha attribuito alla politica i seguenti tre obiettivi: l'eliminazione delle disuguaglianze tra le nazioni, il raggiungimento dell'uguaglianza all'interno degli stessi popoli e la vera perfezione dell'uomo, inclusa la liberazione dal potere tirannico e l'acquisizione della piena responsabilità morale. Alla fine assunse addirittura un mondo senza guerre, grazie all'abbandono della politica coloniale da parte delle potenze europee e ad una più equa distribuzione della ricchezza tra le persone.Secondo Condorcet il futuro comporterà miglioramenti sia per la vita pratica sia per la vita morale, infatti la costruzione di abitazioni solide e confortevoli e un'alimentazione più salutare potranno aiutare a contribuire a debellare molte malattie e ad allungare la durata dell'esistenza. La riflessione di Condorcet si spinge, poi, anche a ipotizzare un mondo senza guerre grazie all'abbandono da parte delle potenze europee della politica coloniale e alla realizzazione di una più equa distribuzione della ricchezza tra gli uomini.
In classe abbiamo visto il film Il signore delle mosche, prodotto in Inghilterra nel 1963 dal regista Peter Brook. Una ventina di ragazzini inglesi dai 7 ai 14 anni, sopravvissuti a un incidente aereo, restano abbandonati a sé stessi su un'isola tropicale. Si organizzano, eleggono come capo il saggio e volitivo Ralph, ma presto la comunità si spacca in due e prende il sopravvento il gruppo dei cacciatori guidati da Jack, che regredisce allo stato tribale e si dedica al culto di un totem, il signore delle mosche. Tratto dal romanzo (1954) di William Golding. È un film drammatico e in bianco e nero. Gli eventi della storia sono organizzati in ordine cronologico e tutto si basa sulla visione pessimistica profondamente radicata dell'autore sulle persone, nella natura e nella società. A questo proposito, possiamo giustificare la visione del film, poiché i suoi principi ispiratori sono radicati nelle teorie espresse dal filosofo britannico Thomas Hobbes
Comments
Post a Comment