In
classe abbiamo visto il film Il signore delle mosche, prodotto in Inghilterra
nel 1963 dal regista Peter Brook. Una ventina di ragazzini inglesi dai 7 ai 14
anni, sopravvissuti a un incidente aereo, restano abbandonati a sé stessi su
un'isola tropicale. Si organizzano, eleggono come capo il saggio e volitivo
Ralph, ma presto la comunità si spacca in due e prende il sopravvento il gruppo
dei cacciatori guidati da Jack, che regredisce allo stato tribale e si dedica
al culto di un totem, il signore delle mosche. Tratto dal romanzo (1954) di
William Golding. È un film drammatico e in bianco e nero. Gli eventi della
storia sono organizzati in ordine cronologico e tutto si basa sulla visione
pessimistica profondamente radicata dell'autore sulle persone, nella natura e
nella società. A questo proposito, possiamo giustificare la visione del film,
poiché i suoi principi ispiratori sono radicati nelle teorie espresse dal
filosofo britannico Thomas Hobbes
Cartesio riteneva che, contrariamente alla maggior parte delle culture del suo tempo, la conquista della conoscenza non fosse né impossibile né difficile, purché nella ricerca della verità fossero seguite alcune regole di base. Descartes ha scritto un trattato sui metodi, in cui l'autore sottolinea che il buon senso è la cosa meglio distribuita nel mondo perché tutti ce l'hanno. Non basta però avere una buona intelligenza: la chiave è applicarla bene. L'autore dà una definizione del modo di parlare, che significa la "via" o la "via" che conduce alla verità. Osservò dalle prime Regole per la Guida dell'Intelligenza (1628) che l'aritmetica e la geometria hanno metodi eccellenti perché coinvolgono oggetti ben definiti e chiaramente definiti. Cartesio formulò quattro regole che, secondo lui, devono essere seguite da chiunque intenda cercare la verità. Cartesio riteneva che, contrariamente alla maggior parte delle culture del suo tempo, la conquista
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